IL MORBO DI DUPUYTREN

Il Morbo (o malattia) di Dupuytren consiste nell’ispessimento della fascia palmare (tessuto presente tra la cute e i tessuti più profondi del palmo della mano) e provoca la retrazione progressiva delle dita verso il palmo con graduale impossibilità a raddrizzarle a causa della formazione di cordoni fibrosi rigidi sotto la pelle, che impediscono o limitano i movimenti. Si realizza così una progressiva difficoltà ad aprire completamente la mano e ad afferrare gli oggetti più grandi e voluminosi. Colpisce soprattutto gli ultimi raggi della mano (IV e V). Raramente la malattia può colpire anche altre parti del corpo, come le nocche delle dita, la pianta dei piedi (M. di Ledderhose) o molto raramente il pene (M. di Laperonie). È una malattia relativamente innocua e indolore.

Chi colpisce

La malattia, per la quale è descritta una predisposizione ereditaria/familiare, è ancora in gran parte misteriosa; è una patologia che colpisce 9 volte su 10 l’uomo (è rara nella donna) e sembra scatenata da microtraumi ripetuti sul palmo, che romperebbero le fibre dell’aponevrosi palmare (la fascia sotto la pelle) provocandone l’esagerata cicatrizzazione e la successiva retrazione. La cicatrizzazione anomala coinvolge sia la cute che le strutture profonde, e la retrazione delle corde fibrose provoca la graduale flessione delle dita. A volte il paziente non ricorda un trauma (o microtrauma) scatenante. Potenzialmente può sempre recidivare, ma esistono modalità di presentazione più lievi (un nodulo solitario al palmo, nessuna retrazione, età avanzata, scarsa tendenza a recidivare) e forme più severe (età di insorgenza più precoce, numerose dita coinvolte, progressione della retrazione più veloce, spiccata tendenza a recidivare).

Sintomi

La malattia si manifesta con la presenza di un piccolo nodulo o, a volte, di un’area di ispessimento e retrazione cutanea al palmo della mano. Spesso l’esordio è in corrispondenza delle pliche palmari lungo l’asse del 4° o 5° dito. Progressivamente si può osservare la formazione di un cordone fibroso teso tra il palmo della mano e il dito o le dita colpite, che provoca la difficoltà ad aprire completamente la mano e ad appoggiarla su una superficie piatta, come per esempio il piano di un tavolo. Tale presentazione può stabilizzarsi per anni o anche arrestarsi definitivamente, ma a volte può evolvere progressivamente fino alla chiusura completa di una o più dita nel palmo della mano. In questi casi i pazienti lamentano l’impossibilità di lavarsi il viso, indossare i guanti, mettere le mani in tasca, dare la mano nel saluto, afferrare gli oggetti. Il dolore non è un sintomo tipico.

Trattamento

Il trattamento è chirurgico e varia a seconda dell’età del paziente e della gravità clinica. Nel giovane si cerca di asportare completamente i cordoni fibrosi, mentre nei pazienti anziani tali cordoni vengono interrotti ed asportati parzialmente (intervento più leggero, che comunque dà ottimi risultati); così si ottiene la ripresa del libero movimento delle dita. L’intervento (a seconda della gravità) può essere eseguito sia in regime ambulatoriale che in regime di ricovero Day Hospital, in anestesia loco-regionale o plessica. In caso di anestesia locale l’anestetico viene iniettato attorno alle corde da asportare con una siringa munita di ago sottile. Si possono in alternativa anestetizzare i singoli nervi che vanno alla mano in determinati punti dell’avambraccio e polso o anestetizzare tutto l’arto con una puntura a livello ascellare o nella regione sovraclaveare (anestesia plessica). La durata dell’intervento è variabile, proporzionalmente alla gravità del caso. Gonfiando un bracciale pneumatico alla radice del braccio si blocca la circolazione al braccio stesso e in situazione esangue, tramite incisioni multiple in corrispondenza delle corde, si esegue la accurata asportazione degli ispessimenti dell’aponeurosi. In alcuni casi è necessaria la plastica della cute per poter chiudere completamente la ferita operatoria.

Dopo la sutura si applica una medicazione “abbondante” per i primi giorni. Dopo l’intervento il paziente può muovere la mano, senza bagnare o sporcare la medicazione; la mano deve essere mossa per almeno cinque minuti di ogni ora, aprendo e chiudendo completamente le dita a pugno; non ci si deve spaventare se compare una chiazza scura o un po’ di gonfiore alle dita: è molto importante muovere comunque e tenere sopraelevata la mano (con cuscino al proprio fianco di notte, mentre di giorno è sufficiente sollevare l’arto sopra il capo, per alcuni minuti, ripetutamente). Per la guarigione completa occorrono di solito due-tre settimane. Di norma dopo 1, 7, 14 e 21 giorni si medica la ferita e dopo 14 giorni vengono anche rimossi i punti di sutura, se in materiale non riassorbibile; ultimamente anche per questo intervento si utilizzano suture in materiale riassorbibile, che si sciolgono e cadono entro 2-3 settimane. Entro 15-25 giorni, se non sopravvengono complicazioni, il paziente può riprendere tutte le normali attività, compreso il lavoro. Spesso vengono consigliati dei tutori post-operatori e a volte dei cicli di fisioterapia, necessari a garantire, mantenere e se possibile migliorare il risultato del trattamento chirurgico.

Nota Bene

Soprattutto nei pazienti giovani (malattia di solito più severa) è FREQUENTE la ricomparsa della retrazione in sede di precedente intervento (recidiva vera) e anche la sua estensione ad altre dita (estensione di malattia) perché la malattia tende purtroppo a recidivare localmente. In caso di recidiva l’intervento è in genere più delicato e complesso, con un sensibile aumento dei rischi di danneggiamento delle strutture arteriose e nervose delle dita. Nelle fasi intermedio-avanzate, quando la retrazione interessa le articolazioni interfalangee delle dita, coinvolgendo anche i legamenti articolari, non è sempre possibile garantire un completo recupero dell’estensione del dito malato.